PAUSA PRANZO

Le recenti dichiarazioni (novembre 2009) del Ministro Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma di governo, sulla "pausa pranzo" hanno suscitato numerose e vivaci reazioni.
In breve sintesi, la pausa pranzo non sarebbe di alcuna utilità, anzi potrebbe essere considerata dannosa perché nel periodo di tempo normalmente dedicato ad essa, "si lavorerebbe meglio".
Questa conclusione dovrebbe essere la conseguenza delle risposte derivanti dalle domande che, immaginiamo, si sia posto il Ministro e cioè:
• non fare la "pausa pranzo" aumenta o riduce la produttività?
• possono esserci ripercussioni sulla salute o, quanto meno, sul benessere quotidiano?
• questa modificazione dello "stile di vita" è complessivamente positiva, oppure no?
Noi, come Scuola Nazionale di Medicina degli Stili di Vita, ce le siamo poste e abbiamo provato a rispondere, basandoci su dati scientifici, non emozionali.
A livello internazionale, si ritiene che, per una corretta alimentazione, l’apporto calorico giornaliero deve essere assunto in cinque tempi, cioè fornito da colazione, pranzo, cena e due spuntini, uno a metà mattina, uno a metà pomeriggio.

Fabbisogno medio giornaliero = circa 2000 kcal
 

Carboidrati

55-60%

Proteine

15%

Lipidi

25-30%

         
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
20%
5%
40%
5%
30%


La logica della suddivisione sta nella necessità di fornire all’organismo l’apporto energetico utile per lo svolgimento delle attività giornaliere, modulate secondo la spesa derivante dal lavoro e per questo l’apporto calorico del pranzo è il maggiore della giornata.
L’attività intellettuale necessita dell’energia derivante dal pasto e non può essere svolta in stato di digiuno o di semi-digiuno; il pranzo è indispensabile per qualunque tipo di attività e deve essere variato ed equilibrato nei suoi componenti, tenendo presente tanto il tipo di lavoro quanto l’attività fisica che tutti dovremmo fare.
E’ doveroso ricordare che nel caso di lavoro con attività fisica moderata o pesante questa deve iniziare dopo 3 ore da un pasto completo.
Basta semplicemente leggere la tabella sopra-inserita per dare le risposte alle domande che sono state formulate.
• non fare la "pausa pranzo" aumenta o riduce la produttività?
Riduce la produttività: la progressiva riduzione di energia per consumo impedisce lo svolgimento del lavoro su standard costanti sia quantitativi che qualitativi
• possono esserci ripercussioni sulla salute o, quanto meno, sul benessere quotidiano?
Si: lo stato di relativa ipoglicemia, perdurante per circa un terzo della giornata, incide negativamente su benessere cellulare, in particolare su quello delle cellule cerebrali che più altre necessitano di substrati glucidici.
• questa modificazione dello "stile di vita" è complessivamente positiva, oppure no?
E’ negativa: i soggetti che escludono il pranzo dalla loro alimentazione quotidiana assumono una maggiore quantità di cibo in tempi diversi dai dovuti, spesso concentrandola nelle ore serali con un inevitabile squilibrio metabolico che alla lunga induce il sovrappeso e l’obesità.
Come in tutti i Paesi del mondo economicamente più ricchi, anche il Italia il sovrappeso/obesità è il problema che sempre più si evidenzia e che, se non affrontato, sarà alla base dell’incremento di molte patologie prime fra tutte le cardiovascolari, non tralasciando le neoplastiche.
Il Ministero della Salute, per i prossimi anni, considera il sovrappeso/obesità il nemico da combattere e vincere proprio con un corretto stile di vita alimentare.
La riduzione/abolizione della pausa pranzo va esattamente nella direzione opposta.
C’è da supporre che la riduzione/abolizione della pausa pranzo sia stata prospettata avendo la visione dell’attività lavorativa esclusivamente di tipo sedentaria e/o impiegatizia perché è impensabile che un lavoro pesante possa procedere ininterrottamente, senza l’apporto energetico del pranzo.
Il problema del pranzo nell’ambito del lavoro va affrontato in termini diversi: occorre fare in modo che coloro i quali lavorano e non hanno la possibilità di tornare a casa per il pranzo possano avere la possibilità di continuare a nutrirsi in maniera sana.
Piuttosto che l’abolizione della pausa pranzo, c’è la necessità che la ristorazione extra moenia sia in grado di offrire pasti preparati secondo dettami salutari, possibilmente facenti riferimento a quelli della dieta mediterranea.
La nostra Scuola si è già posta questo problema, lo ha affrontato e ha prospettato semplici esempi di soluzioni nell’ambito del 64° Congresso Nazionale FIMMG.
Anche l'Unione Europea si è accorta dell'importanza del problema dell’alimentazione e dell’alimentazione e lavoro, lanciando in molti paesi il PROGETTO FOOD con la collaborazione di Accor Services e il coinvolgimento di partners come i Ministeri della Salute, Centri di Ricerca, Atenei (Università di Perugia per l'Italia) e il nostro INRAN.
Se si riterrà utile apportare modifiche alle abitudini alimentari in funzione dell’attività lavorativa, noi Medici di Famiglia, siamo disponibili ad affrontare il problema, ma sempre tenendo conto dell’obiettivo di promozione della salute e del benessere dei nostri cittadini-lavoratori.

  • A cura di:
    Francesco Filippo Morbiato,
    Italo Guido Ricagni Scuola Nazionale di Medicina degli Stili di Vita