ABUSO, INTOLLERANZA E DIPENDENZA

L'abuso di caffè, specialmente in soggetti particolarmente sensibili, può condurre a una serie di disturbi che vengono complessivamente compresi nel termine "caffeinismo o caffeismo".
La persona con intossicazione da caffè è irritabile, agitata, dorme poco e il suo sonno viene interrotto frequentemente, talora da crampi alla muscolatura. Avverte poi palpitazioni cardiache, vampate di calore al viso alternate a sensazioni di freddo e sudorazione. E' chiaro che, in questi casi, bisogna diminuire gradualmente il numero delle tazzine di caffè consumate durante la giornata.
La dose massima di caffeina che si consiglia di non superare nel corso di una giornata, (soprattutto nel caso di soggetti ansiosi o in gravidanza) è di circa 300 mg, l'equivalente cioè di circa 4 tazzine di caffè.
E' invece considerata letale una dose di 10 g di caffeina assunta nel giro di 30 minuti (impossibile a consumarsi se si pensa che 9/10 g di caffeina equivalgono a circa 120 espressi).
Naturalmente queste cifre rivestono semplicemente valore orientativo, dal momento che la tolleranza alla caffeina non è soltanto in funzione della quantità assunta, ma anche della reattività dei singoli individui: alcuni sono più sensibili, altri meno. Il consumo eccessivo di caffè, si è detto, può provocare sintomi di intossicazione e, nei forti consumatori, l'astinenza può determinare la comparsa di disturbi quali malumore, mal di testa, abulia, eccitabilità, ansia, difficoltà di concentrazione. Per evitare questi sintomi, tuttavia, basta diminuire gradatamente il consumo del caffè, senza smettere di berlo. La caffeina comunque non può essere in alcun modo considerata una sostanza che dà dipendenza, se per dipendenza intendiamo quella provocata da una sostanza psicoattiva che interferisce con la salute e il comportamento sociale dell'individuo. Esistono comunque delle condizioni nelle quali l'uso del caffè deve essere limitato (persone eccitabili, quelle che vanno facilmente soggette a crampi muscolari e gli ipertiroidei) e, all'occorrenza, abolito (intolleranza).