CERVELLO E PLASTICITA’ NEURONALE

Fu il grande neuroscienziato polacco Jerzy Konorski ad utilizzare per la prima volta nel 1948 il termine “plasticità” per descrivere i cambiamenti cerebrali, innescati dalla forza di connessione tra neuroni espressa dall’influenza dell’esperienza. Nel corso del tempo, il cervello è sempre soggetto a “riformarsi” e a “modificarsi”. Il cervello, come la vita, non è una “cosa statica”, ma un divenire, un processo di auto creazione noto con il termine di “autopoiesi”. L’idea dunque di una intelligenza immutabile è “falsa”. La ricerca mostra che è possibile accrescere la propria intelligenza. Il cervello di oggi non è quello di ieri e non sarà quello di domani. Le connessioni neurali possono essere modificate in due modi: dall’esperienza e dall’ evoluzione biologica. Questi fenomeni influiscono sulle nostre capacità di pensare, apprendere, ricordare e pianificare strategie comportamentali. La deprivazione nell’ infanzia può, ad esempio, interferire con lo sviluppo cerebrale. Ricerche al riguardo mostrano che i bambini che hanno trascorso l’infanzia in un istituto presentano disturbi dello sviluppo del cervello e problemi comportamentali che permangono anche in età adulta. Tale processo è noto come fenomeno di “plasticità sinaptica” o “neuronale”. Un fenomeno che comincia già nel grembo materno: il neonato infatti appena viene al mondo, riconosce la voce della madre e quella di altre persone e preferisce la musica ascoltata già prima di nascere. E’ stato accertato poi che il quoziente d’intelligenza (QI) cresce o diminuisce a seconda del tipo di stimolazione cui il cervello infantile viene sottoposto. Il cervello è un sistema che si  “auto-organizza” e ha “un’impressionante plasticità”, che ci accompagna durante tutta la vita. Nel 1965, grazie alle scoperte di Altman e Das, cade pertanto il dogma che il cervello fosse costituito da un numero fisso di neuroni e che non potesse più esservi generazione di nuovi neuroni. E’ ormai certa la neuro genesi nell’adulto. Le emozioni poi svolgono un ruolo cruciale nell’organizzazione dell’attività del cervello. Gli stimoli emotivi infatti sono tra i più potenti attivatori dei sistemi cerebrali e dell’ apprendimento. Più ampia dunque è la gamma di emozioni che un bambino esperisce, maggiore sarà lo spettro emotivo della mente che si sviluppa. Nel 1904, Richard Semon, scienziato tedesco, coniò il termine “engramma” per riferirsi alla rappresentazione neurale di una memoria.
La parte del cervello che presenta una maggiore plasticità è l’area anteriore del cervello proprio al di sopra degli occhi: sono i lobi frontali. Lì risiede la coscienza. Nel corso della nostra vita, l’esperienza ci “modella” incessantemente e influisce sulla complessa struttura di connessioni tra neuroni. L’apprendimento dunque “scolpisce” il cervello, creando sempre nuovi e intricati disegni nelle connessioni neurali. La continua trasformazione del cervello costituisce un fattore fondamentale soprattutto nel processo evolutivo, nell’educazione del bambino e nell’invecchiamento. Le parole dell’insegnante inviano un impulso elettrico nel cervello di chi ascolta o legge attraverso milioni di cellule cerebrali. Queste parole lasciano una “impronta”  nella mente. L’attività fisica e quella mentale inducono la secrezione di neurotrofine, sostanze che favoriscono lo sviluppo dei neuroni;  migliorano l’agilità psichica e la salute del corpo nell’invecchiamento;  prevengono i danni del morbo di Parkinson e di Alzheimer. Comunicare dunque con gli altri cambia “materialmente” il nostro cervello, fenomeno che avviene non solo durante l’infanzia, bensì lungo l’intera nostra esistenza. La conoscenza (l’apprendimento) pertanto “scolpisce” il nostro cervello, creando sempre nuove connessioni neuronali. Esperimenti effettuati sui musicisti hanno dimostrato  che la musica non solo espande specifiche aree legate alle parti del corpo impiegate nel suonare uno strumento, ma induce anche variazioni fisiche del cervello. Un altro straordinario effetto della plasticità cerebrale è la possibilità di modificare i circuiti neurali con la semplice attività mentale, senza cioè compiere alcun atto. Molti famosi musicisti, ad esempio, sono soliti esercitarsi poco allo strumento e molto mentalmente. Come hanno rivelato esperimenti di “brain imaging”, immaginare mentalmente un movimento- training mentale- è come compiere fisicamente quel movimento, poiché stimola i circuiti di neuroni dove risisedono le capacità atletiche o fisiche. Il concetto “se non usi il cervello, lo perdi” dunque è vero, così come è vero anche l’altro principio: “ se  lo usi, lo migliori”. I neuroni o le sinapsi che non si connettono tra loro tramite l’apprendimento e la conoscenza, spariscono, su Si può concludere pertanto che qualsiasi esperienza “scolpisce” fisicamente le connessioni neurali e rimane “incisa” nel cervello. Tutto ciò avviene a 8 giorni dalla nascita oppure a 80 anni. Fino all’ultimo il cervello è “affamato” di nutrimento offerto dall’ambiente e dall’esperienza.