I FRUTTI DIMENTICATI

Presto, che si fa tardi!

E’ una vecchia battuta, ma potrebbe essere lo slogan dei giorni nostri: tutto scorre veloce, guai a chi si ferma! E tutto all’insegna del consumismo più sfrenato: tutto e subito.

E così, ci siamo lasciati alle spalle un bel po’ di cultura e di tradizione, come ad esempio quella contadina, che ci ha cresciuti e sostenuti sin da quando l’uomo è comparso sulla terra e che fino a non molti anni fa ha rappresentato il punto di riferimento alimentare per la maggior parte di noi.

Ma, poiché è importante ricordare, per poter capire il nostro passato, finalmente qualcuno rallenta, volge lo sguardo indietro,e si accorge che ci si è lasciati per strada una quantità notevole di buone abitudini e ottimi prodotti della vita di tutti i giorni che, fortunatamente, oggi stiamo cercando di recuperare: come l’arte della coltivazione e del rispetto dei ritmi della natura, con la continua ricerca dei frutti che la terra spontaneamente ci forniva ad ogni stagione e che hanno contribuito al sostentamento di generazioni di contadini e non solo.

Ed ecco allora riaffiorare il ricordo particolare di alcuni di questi prodotti della terra che la maggior parte di noi ha dimenticato e che molti non hanno mai conosciuto; è il ricordo delle piccole meraviglie naturali, presenti nelle campagne o nei boschi frequentati e rispettati sempre meno dai frettolosi, modernizzati abitanti delle città.

E pensare che basterebbe solo allontanarsi un poco dalle metropoli per incontrare di nuovo preziose mele cotogne, coloratissimi corbezzoli, corniole, sorbe, e ancora gelsi, giuggiole, strane nespole selvatiche, azzeruoli, pere volpine, stupefacenti mele granate.

Un tempo, avendo le piante sviluppato una naturale resistenza ai parassiti per la mancanza degli anticrittogamici, questi frutti erano presenti in tutti i campi, e si potevano trovare soprattutto nelle vicinanze delle case contadine poiché, essendo essi presenti a rotazione nell’anno, fornivano una riserva sempre disponibile in ogni stagione, rappresentando un corollario importante dell’alimentazione; e non solo quella: basti pensare che, oltre ai frutti, di queste piante si utilizzava l’ottimo legno per usi diversi, foglie e radici per alimentazione animale o a scopo curativo.

E dunque, ricorderemo: il CORNIOLO,

dal legno assai duro, che, Romani, Greci e Persiani, utilizzavano per produrre lance, giavellotti e frecce, e che matura dei frutti aciduli, di colore rosso scarlatto, cui sono state attribuite delle proprietà medicamentose e da cui si possono produrre marmellate dal gusto acidulo, molto ricercate in passato; oppure delle ottime “olive di corniole” messe in salamoia e molto apprezzate per il sapore e la possibilità di conservazione. Risulta essere, inoltre, uno dei frutti più ricchi di vit. C.

Altra pianta del passato, ma ancora presente nelle nostre campagne, è il GIUGGIOLO,

con le sue fronde spinose, i suoi delicatissimi fiori a forma di stella ed i suoi frutti allungati, color bruno nocciola, polpa bianco-verdastra , che raccolti a giusta maturazione sono di un sapore delizioso e da cui si possono ricavare degli ottimi liquori; nonché il famoso “brodo di giuggiole” che, per la sua delicatezza e dolcezza, ha dato il nome al proverbiale detto. Il legno duro e rossastro viene utilizzato in ebanisteria.

Ancora da citare l’AZZERUOLO,

con le sue varie tipologie di frutti, dal giallo, al bruno, al rossiccio. Con un discreto contenuto di proteine e zuccheri, ma scarso apporto di vitamine, ha comunque rappresentato in passato un ottima integrazione nell’alimentazione umana e animale, e può essere considerato come il fratello povero delle mele in quanto a diffusione e consumo. La polpa interna, biancastra, ricorda il sapore delle nespole.

Nel nostro ripercorrere il cammino alla ricerca dei frutti di un tempo, non potevamo tralasciare il CORBEZZOLO,

ancora abbastanza frequente nelle zone collinari e montane; dal bel colore vermiglio, il frutto maturo ha un aspetto rugoso e la sua polpa giallastra ha un sapore acidulo, molto caratteristico non a tutti gradito. Dai frutti, in alcune zone, come la Corsica, viene prodotto un “vino di corbezzolo”, in realtà un distillato simile alla grappa e, in Sardegna, come pure in Toscana, è molto diffusa la produzione di marmellate e del “miele di corbezzolo”, molto ricercato e apprezzato dai buongustai. Con un discreto quantitativo di zuccheri e di proteine, non sembrano essere particolarmente ricchi di vitamine. E’ interessante sapere che in passato le altre parti della pianta erano utilizzate per le proprietà medicinali loro attribuite.

E come non parlare di altre piante da frutto frequentemente presenti nelle campagne, quali il BIRICOCCOLO e il PRUGNOLO,

BIRICOCCOLO
 
PRUGNOLO

con frutti simili a piccole prugne dal sapore vivace e intenso tra albicocca e susina il primo e con un sapore un poco più aspro e ricco di vit.C il secondo.

Il GELSO BIANCO e il GELSO NERO,

GELSO BIANCO
 
GELSO NERO

che, oltre ai frutti simili alle more (detti “moroni” per non confonderli con le more di rovo), molto ricchi in zuccheri, molto ricercati per marmellate e gelati, hanno rappresentato, e ancora oggi è utilizzato per questo in alcuni paesi, una ricca risorsa economica grazie alle foglie indispensabili per l’allevamento del baco da seta.

Un tempo dai frutti del gelso si ricavava uno sciroppo utilizzato nelle faringiti grazie alle sue proprietà antiinfiammatorie.
L’ UVA SPINA,

che ricorda i singoli acini dell’uva, dal sapore molto delicato; il SORBO, con i suoi frutti dalla forma di una piccola mela

o pera, dal sapore fortemente astringente, che necessitano di essere raccolti acerbi, stesi su tavole o in ceste e ricoperti di paglia, consumati a maturazione molto avanzata e dal discreto contenuto in zuccheri (a maturazione completa), proteine, acido malico e vit.C; proprio per le proprietà astringenti, in passato i frutti erano utilizzati nelle coliche intestinali e con le sorbe veniva prodotta, per fermentazione insieme al grano, una bevanda di cui si può trovare ancora traccia nei paesi del Nord. Dal pregiato e durissimo legno del sorbo, gli ebanisti ricavano piccoli capolavori di mobilio e scultura lignea;

la PERA VOLPINA, antico albero da frutto,

utilizzato in passato soprattutto per sostenere i filari delle viti; produce delle piccole pere marroni-brunastre, che devono essere consumate previa cottura tanto consistente e dura è la sua polpa: tale caratteristica è dovuta all’alta percentuale in fibre presente nella polpa e, per tale motivo, insieme al ridotto contenuto in zuccheri, è molto indicata nelle diete dimagranti poiché la fibra non solubile, legando gli zuccheri in eccesso introdotti con gli alimenti, ne favorisce l’eliminazione.
Il NESPOLO COMUNE, pianta a sviluppo modesto,

molto resistente al freddo, diffusa soprattutto in Germania grazie all’introduzione da parte dei Romani, e per questo conosciuta anche col nome di nespola di Germania, produce in realtà un falso frutto che origina dall’ingrossamento del ricettacolo attorno ai frutti. Anche questi, per il forte sapore tannico, non possono essere consumati subito dopo la raccolta, ma debbono essere lasciati maturare nella paglia (come vuole il vecchio detto:” il tempo e la paglia…”). Una volta maturati, i frutti hanno un sapore acidulo molto gradevole. Con essi inoltre si producevano bevande fermentate, marmellate e sciroppi.

Il COTOGNO, con frutti a forma di mela o di pera,

non consumabili appena raccolti, ma, come per la pera volpina, previa cottura a causa della polpa durissima ed astringente. Molto fibrose, con contenuto medio in zuccheri e proteine, le mele cotogne hanno una buona percentuale di fibra in pectine utilizzata come addensante per marmellate con frutta a scarsa o nulla quantità di tali fibre.

Per le proprietà astringenti ed antiinfiammatorie, sono state utilizzate per i disturbi gastrointestinali.

Il MELOGRANO, straordinario scrigno contenente preziose, piccole gemme rosso brillante,

tanto amate dai bambini di ogni epoca, e tanto apprezzate da tutti per gli impieghi molteplici dei frutti , dei fiori e della corteccia. I semi, dalle proprietà diuretiche ed astringenti, ricchi di zuccheri e con discreta quantità di fibre, sono ancora oggi utilizzati per la produzione di marmellate,sciroppi e bevande e, soprattutto, nella cucina moderna, vengono preferiti come elementi decorativi per la preparazione di macedonie e pietanze a base di carne. I fiori e la corteccia sono stati utilizzati: in infusione per la dissenteria i primi e contro la tenia la seconda (con attenzione perché tossica). Le radici di questa pianta hanno trovato impiego nel campo della cosmesi.

A cura di:
Daniele Campisi,
MMG - Scuola Nazionale di Medicina degli Stili di Vita