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LA CONTAMINAZIONE CHIMICA DEGLI ALIMENTI: RISCHI PRESUNTI E RISCHI REALI.

Introduzione

La nostra dieta è molto varia ed i diversi alimenti che la compongono contengono, oltre ai nutrienti (carboidrati, lipidi, proteine, sali minerali, vitamine, ecc.) che hanno funzioni essenziali ed assolutamente indispensabili, anche un numero elevatissimo di altre sostanze chimiche, spesso presenti in tracce (steroli, antociani, tannini, veleni dei funghi, ittiotossine, cianuri, ecc.); talune sostanze sono riconosciute come tossiche, ma per la maggior parte di esse non si conosce a fondo il ruolo e l'importanza per i processi fisiologici nutrizionali ed alle volte neanche la struttura chimica.
Oltre alle tante sostanze naturali sono anche presenti dei contaminanti ambientali e delle altre sostanze che vengono volontariamente “inserite” dai produttori degli alimenti nelle diverse fasi della filiera produttiva alimentare.
La produzione degli alimenti sia di origine vegetale che animale avviene in condizioni ambientali molto variabili e situazioni di contaminazione chimica dell'acqua e del suolo possono riflettersi sulla qualità degli alimenti prodotti che possono assorbire le varie sostanze chimiche presenti e derivate da varie attività umane ed industriali. E' sufficiente ricordare che la combustione dei derivati del petrolio, dei rifiuti urbani ed industriali, le attività di molte industrie, ecc., producono un numero molto elevato di sostanze chimiche xenobiotiche che comunque interferiscono con gli organismi viventi, si trasferiscono nella catena trofica e possono anche raggiungere i nostri alimenti.
Nella produzione primaria degli alimenti di origine vegetale vengono impiegati concimi chimici, insetticidi, fungicidi ed erbicidi che hanno lo scopo di migliorare la produttività delle piante anche tutelandole dall'aggressione di varie forme di parassiti microbici, vegetali ed animali e, indirettamente, permettendo di incrementare sensibilmente la produttività delle colture agricole.
Gli animali utilizzati per produrre alimenti per l'uomo vengono alimentati con mangimi che contengono diversi tipi di additivi (elementi essenziali, coloranti, enzimi, etc.) che hanno lo scopo di migliorare il benessere degli animali stessi e, nello stesso tempo di favorire la loro crescita e migliorare la qualità delle carni, del latte e delle uova che vengono prodotti. Un altro aspetto di fondamentale importanza è la prevenzione e la cura delle malattie che possono compromettere la salute degli animali ed anche le loro capacità produttive; per evitare questo pericolo vengono utilizzati dei farmaci veterinari.
La maggior parte degli alimenti casi viene conservata e spesso si trova situazioni ambientali che favoriscono “l'aggressione” di microrganismi che sviluppandosi sono in grado di produrre metaboliti anche molto pericolosi come, ad esempio, le micotossine e la tossina botulinica.
La trasformazione degli alimenti avviene con processi che spesso richiedono l'utilizzazione di sostanze chimiche con svariate ed importanti proprietà tecnologiche (antiossidanti, conservanti, aromatizzanti, edulcoranti, ecc.) di fondamentale importanza per l'industria alimentare.
Esistono infine i trattamenti termici per la cottura degli alimenti che sono in grado di dare origine a prodotti di reazione molto complessi di cui alcuni (ad esempio prodotti della reazione di Mallard, benzoantracene, metilcolantrene, ecc.) sono considerati estremamente pericolosi.

Criteri per la valutazione della sicurezza
delle sostanze chimiche.

Le informazioni sulla sicurezza delle sostanze chimiche si ricavano da studi di tossicologia essenzialmente in vivo (su animali da laboratorio) anche se ora si va, ove possibile, verso un maggiore utilizzo di saggi in vitro (che utilizzano colture cellulari, etc.). In un numero crescente di casi, i dati degli studi sperimentali vengono integrati con indagini epidemiologiche in cui l'esposizione a determinati composti viene correlata con l'incremento del rischio di malattie metaboliche e/o degenerative.
Gli effetti riscontrati negli studi tossicologici su animali da laboratorio, opportunamente integrati dagli studi in vitro, comprendono alterazioni del metabolismo, danni ai tessuti, effetti sulla riproduzione e/o lo sviluppo, induzione di tumori (particolarmente importante se associata alla osservazione di attività mutagena su sistemi in vitro) etc.: la valutazione degli effetti tossicologici consente di definire una dose senza effetto osservabile (No Observed Effect Level, NOEL) sul sistema di studio più sensibile.
Tale valore viene utilizzato per calcolare la dose accettabile giornaliera (Acceptable Daily Intake, ADI) per l'essere umano, che si ottiene applicando un fattore di sicurezza che può andare da 10 a 1000 al NOEL, in funzione della gravità dell'effetto biologico riscontrato negli studi, In genere si applica un fattore 100: si considera che il NOEL per l'essere umano sia di almeno 10 volte più basso di quello riscontrato negli animali da laboratorio, e che occorra un ulteriore fattore 10 per considerare la presenza di sottogruppi maggiormente vulnerabili (ad es., bambini, anziani, soggetti con particolari suscettibilità su base genetico-metabolica, etc.). Ad esempio se da uno studio sugli animali da laboratorio si verifica che una sostanza chimica è in grado di provocare delle lesioni renali reversibili ad una dose superiore a 80 mg /kg di peso corporeo, tale valore rappresenta il NOEL che viene diviso per 100 e quindi il valore di 0.8 mg/kg di peso corporeo è considerato sicuro per l'essere umano. A questo punto, considerando in 60 Kg il peso medio dell'essere umano (adulto), moltiplicando tale numero per il NOEL umano si ottiene la ADI che nel caso portato ad esempio sarà di 48 mg/giorno.
Se avessimo effetti di particolare gravità (ad esempio un effetto teratogeno), il fattore per il quale dividere il NOEL negli animali da laboratorio potrebbe aumentare, sino a 1000.
Nel caso che la sostanza in esame possieda proprietà cancerogene e mutagene diviene molto difficile definire un NOEL e di conseguenza è impossibile fissare una ADI. Per tali sostanze la esposizione dovrebbe essere, idealmente, assente; in molte situazioni (ad esempio, nel caso di sostanze indesiderate ma la cui presenza è inevitabile, perché “naturali” o di origine ambientale) dovrà essere la minima ottenibile e non superiore al limite analitico dei metodi più sensibili.

Sostanze chimiche di uso intenzionale.
Si tratta di sostanze che vengono impiegate sia nella produzione primaria degli alimenti, che nelle conservazione e trasformazione.

Alimenti di origine vegetale

Le prime sostanze chimiche utilizzate nella produzione degli alimenti di origine vegetale sono i concimi chimici ad alto contenuto di azoto in cui sono presenti in modo bilanciato altri elementi inorganici (potassio, ferro, manganese, ecc.). Questi concimi non condizionano in modo particolare la sicurezza degli alimenti se non il fatto che consentono un rapido sviluppo dei vegetali che allo stato fresco hanno un elevato contenuto di nitrati. I nitrati possiedono una attività vasodilatatrice e la capacità di indurre metaemoglobinemia, ed una loro elevata concentrazione negli alimenti soprattutto per la prima infanzia potrebbe comportare dei problemi.

Il problema può essere evitato cuocendo mediante la bollitura le verdure molto “giovani”; in tal modo i nitrati vengono solubilizzati ed in gran parte eliminati con le acque di cottura.

Per combattere i vari “parassiti” che possono aggredire le colture vegetali vengono impiegati alcuni pesticidi. Si tratta di insetticidi, fungicidi, molluschicidi, ecc., appartenenti a diverse categorie di sostanze chimiche che vengono impiegate in funzione del parassita da combattere e del tipo di coltura vegetale.

Per favorire lo sviluppo delle colture vegetali vengono anche impiegati degli erbicidi che consentono di eliminare le piante infestanti distruggendole selettivamente. Inoltre, soprattutto per le piante da seme vengono impiegati dei prodotti disseccanti che in pratica accelerano i processi di maturazione.

Tutte le sostanze chimiche impiegate per gli scopi menzionati possono lasciare dei “residui” nei tessuti vegetali e quindi essere presenti negli alimenti; alcuni di questi residui sono soltanto “depositati” sulla superficie dei vegetali e quindi una semplice operazione meccanica di lavaggio ne può consentire la rimozione ed è questo il caso di alcune verdure e frutta consumati allo stato fresco.

La maggior parte degli alimenti di origine vegetale prima di essere consumata viene conservata per periodi di tempo più o meno lungo; inoltre una percentuale molto importante viene trasformata in conserve.

Le ragioni dipendono essenzialmente da:

  • Distanza dei mercati dai luoghi di produzione
  • Stagionalità delle produzioni
  • Impossibilità di consumare i prodotti freschi o tal quali
  • Esigenze dell'industria alimentare di trasformazione di disporre di materie in funzione dei propri ritmi produttivi.

Le produzioni vegetali primarie avvengono praticamente soltanto attraverso le colture intensive nelle regioni della terra che presentano situazioni climatiche favorevoli.

In una prima fase i prodotti vengono “stoccati” nei luoghi di produzione prima di essere avviati ai mercati.

Successivamente avviene il trasporto verso i mercati internazionali di massicce quantità di cereali, leguminose, frutta e verdura da una parte all'altra della terra con mezzi di trasporto i più svariati.

La scelta del mezzo di trasporto dipende in gran parte dal valore economico della merce e dalla sua deperibilità. Spostamenti veloci, come nel caso della frutta fresca

Le diverse fasi della conservazione e del trasporto dei vegetali possono comportare problemi molto seri in quanto spesso si verificano situazioni particolarmente favorevole alla sviluppo di microrganismi e possono essere anche presenti insetti e roditori che si nutrono dei vari prodotti.

Sostanze chimiche allo stato liquido, solido e gassoso aggiunte derrate possono ridurre fortemente i rischi di deterioramento e perdita dei prodotti e per questo motivo vengono frequentemente utilizzati conservanti, gas inerti, ecc.. e vengono anche prese delle misure per combattere la presenza di roditori.

Gli animali possono essere anche un veicolo di microrganismi patogeni e la loro presenza nelle stive delle navi, nei silos, ecc. deve essere combattuta non soltanto per prevenire perdite di derrate, ma anche per assicurarne la loro salubrità.

Gran parte dei vegetali viene trasformato dall'industria alimentare mediante trattamenti tecnologici in conserve (marmellate, succhi di frutta, ecc.), prodotti della fermentazione alcolica (vino, birra, ecc.) oppure, come nel caso dei cereali utilizzati per la preparazione di prodotti da forno (pane, pasta, dolci, ecc.) o in alimenti dietetici.

I diversi trattamenti tecnologici richiedono a loro volta l'impiego di sostanze chimiche che hanno la funzione di “additivi”, in questa categoria sono comprese numerose sostanze che hanno diverse funzioni tecnologiche quali conservanti, addensanti, coloranti, aromatizzanti, ecc. Gli additivi in genere non hanno importanti proprietà nutrizionali, ma servono per rendere più gradevoli i prodotti alimentari e soprattutto, di migliorarne la conservabilità.

Alimenti di origine animale.
Per alimenti di origine animale intendiamo la carne, compresi i prodotti ittici, il latte, le uova ed il miele: tali alimenti sia tal quali che come costituenti di prodotti conservati, rappresentano la quota più importante nella dieta quotidiana che attualmente è stimata intorno al 70%.

Il requisito fondamentale per ottenere delle ottime produzioni è rappresentato dallo stato di salute degli animali; infatti animali ammalati danno delle basse produzioni, a costi molto elevati e soprattutto esiste la possibilità di ottenere degli alimenti veicoli di microrganismi patogeni anche per l'uomo, causa di tossinfezioni o zoonosi alimentari.

Di fondamentale importanza è quindi l'impiego di farmaci in grado di prevenire e curare le malattie degli animali ed in particolare quelle infettive.

I farmaci antibatterici ed antiparassitari sono quindi di fondamentale importanza nelle produzioni zootecniche svolgendo una importante funzione sanitaria, ma anche economica di ausilio alla redditività aziendale.

I sistemi di allevamento attualmente applicati tendono a sfruttare al massimo le capacità produttive degli animali e, in tali situazioni, è necessario integrare la dieta degli animali con oligonutrienti (vitamine, sali minerali, aminoacidi, ecc.), carenti nelle materie prime che vengono utilizzate nella formulazione dei mangimi. L'industria mangimistica utilizza inoltre diverse sostanze che hanno una funzione tecnologica come addensanti, conservanti, aromatizzanti, ecc. Si deve infine segnalare l'utilizzazione nei mangimi delle galline ovaiole ed anche delle trote e dei salmoni di sostanze quali i carotenoidi e le xantofille che hanno lo scopo di conferire un colore gradevole alle uova ed alle carni dei pesci che prendono poi il nome di “trote salmonate”.

Altro requisito importante per gli allevamenti è il mantenimento di condizioni igieniche ottimali sia dei ricoveri che degli animali. Per ottenere questo risultato si fa ricorso all'uso di disinfettanti ambientali, ma anche per uso diretto sugli animali come nel caso di sali di ammonio quaternario o sostanze ad attività simile per la pulizia delle mammelle prima della mungitura.

L'esposizione degli animali a sostanze chimiche in generale e di farmaci in particolare agli animali ne comporta quasi sempre un assorbimento da parte dell'organismo e di conseguenze una loro metabolizzazione. Pertanto, i residui che si formano e che permangono nei tessuti edibili possono sovente avere caratteristiche chimiche ed anche biologiche diverse dalle molecole originarie.

La conservazione degli alimenti di origine animale prima della loro trasformazione od il loro consumo avviene prevalentemente con mezzi fisici ed in particolare mediante il mantenimento della catena del freddo per evitare il deterioramento delle merci ed in tale fase, in condizioni normali il rischio di una contaminazione chimica è modesto.

La situazione è completamente diversa per quanto riguarda nella trasformazione poiché gli alimenti di origine animale vengono utilizzati dalle industrie alimentari in grande quantità per la produzione di alimenti tradizionali della salumeria e dell'industria casearia e dei prodotti inscatolati. Da tempi relativamente recenti avviene anche la produzione di alimenti precotti e surgelati prima di essere introdotti n ei canali commerciali.

Nei diversi processi di conservazione, a fianco di vari prodotti naturali come ad esempio gli estratti da piante aromatiche, si utilizzano vari additivi che hanno funzioni tecnologiche quali gli addensanti e i conservanti (es. polifosfati, nitrati e nitriti) che comunque troviamo molto anche spesso nelle produzioni tradizionali.

Una particolare tecnica è quella di abbinare l'essiccamento all'affumicamento che viene praticata per la conservazione delle carni di salmone, ma anche di carni di bovino, suino o altri animali terrestri. La tecnica tradizionale consiste nell'esporre le carni ai fumi caldi emessi dalla combustione di legni aromatici e dopo un certo periodo di tempo si ottengono degli alimenti molto richiesti.

Attualmente è possibile ottenere prodotti quali il salmone affumicato e lo speck mediante il trattamento con “aromi da fumo” in impianti in cui i tempi di “maturazione” sono molto abbreviati. Gli “aromi da fumo” sono prodotti in modo industriale e vengano concentrati in soluzioni con cui si trattano le carni.

La conservazione “a fresco” degli alimenti di origine animale, comporta una serie di processi fermentativi che portano alla loro “maturazione“ ed anche ovviamente alla produzione di una serie di metaboliti naturali che conferiscono ai salumi ed ai formaggi delle caratteristiche organolettiche particolari apprezzate dai consumatori. Di queste sostanze non si conosce in modo approfondito la natura e tanto meno le proprietà biologiche.

Contaminanti ambientali.
La piante e gli animali utilizzati per produrre alimenti per l'uomo vivono a stretto contatto con l'ambiente che li circonda e questa situazione è particolarmente accentuata nelle produzioni agrozootecniche tradizionali. Nelle produzioni intensive c'è invece una sorta di “isolamento” dall'ambiente.
Nel caso dei vegetali generalmente intere aree geografiche vengono isolate e dedicate alla coltivazione di un solo prodotto. Si tratta di terreni situati in ambienti con condizioni climatiche idonee alla coltura che si intende attuare e che prima della semina vengono adeguatamente trattati per evitare lo sviluppo di piante nocive ed il contatto con l'ambiente circostante è praticamente limitato all'acqua di irrigazione. In tali condizioni è quindi possibile tenere sotto controllo la contaminazione proveniente da scarichi industriali o derivanti da altre attività umane.
La situazione è ovviamente molto diversa quando si ha a che fare con piccole produzioni non specializzate, situate vicino ai centri urbani, ad insediamenti industriali o a grandi vie di comunicazione autostradali. E' il caso di attività ortofrutticole familiari in cui gli agricoltori non hanno spesso informazioni adeguate sul livello di contaminazione dell'ambiente circostante e quindi il rischio di ritrovare sostanze potenzialmente pericolose nei prodotti è molto elevato.

La situazione è ancora più complessa nelle produzioni zootecniche sia a carattere intensivo che estensivo.
Gli animali allevati allo stato estensivo sono quelli che vivono allo stato brado e si alimentano con le risorse fornite dall'ambiente; in questi casi i contaminanti presenti nei foraggi o nell'acqua di abbeveraggio vengono integralmente assorbiti e se si tratta di sostanze che si accumulano nell'organismo degli animali (quali ad esempio le diossine ed i policlorobifenili-PCB) le stesse finiscono inevitabilmente nei tessuti edibili. Si tratta di sostanze fortemente solubili nei grassi e che creano preoccupazione per la loro capacità di indurre alterazioni a lungo termine interferendo con il sistema endocrino (“interferenti endocrini”, v. il sito dedicato del Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale dell'Istituto Superiore di Sanità, http://www.iss.it/inte/). Un caso tipico è la contaminazione di pascoli da fumi o scarichi industriali mal controllati, con un'escrezione prolungata di tali composti nel latte degli animali al pascolo. Episodi simili sono stati segnalati negli ultimi anni in Italia, sia a Brescia (PCB da reflui industriali) sia in Campania (diossine dalla combustione di rifiuti in discariche abusive).
Gli animali allevati in modo intensivo sono concentrati in strutture che spesso sono completamente estranee all'ambiente che le circondano e questo è il caso soprattutto dei polli, dei suini e dei vitelli da latte.
Gli animali vengono alimentati con mangimi prodotti da aziende specializzate che acquistano le materie prime (cereali, leguminose soprattutto), dai mercati internazionali cercando quelle a prezzi più vantaggiosi. I mangimi sono infatti costituiti da una miscela di materie prime e di additivi alimentari e tecnologici (questi ultimi rappresentano circa l'1% del totale), sapientemente dosati in modo da fare fronte in modo ottimale alle esigenze nutrizionali degli animali.
Gli eventuali contaminanti ambientali presenti hanno quindi un'origine non sempre facilmente individuabile in quanto dipende dalla zona da cui provengono le diverse materie prime. Per evitare il pericolo di introdurre nella dieta degli animali da allevamento sostanze chimiche che possono nuocere agli animali stessi con il rischio di trasferirle all'uomo attraverso carne, latte o uova, sono stati definiti dei limiti di tolleranza nei mangimi ed anche nelle materie prime che li costituiscono, tali da garantire un'ampia sicurezza.
Tali limiti (che riguardano micotossine, metalli pesanti, composti organoclorurati come i PCB, sostanze naturali, ecc.), non sono ovviamente applicabili per i foraggi di produzione aziendale e tanto meno per quelli che gli animali mangiano quando si trovano allo stato brado.
Va ricordato che altre sostanze sembrano avere capacità di biaccumulo e caratteristiche tossicologich simili ai PCB, quali composti bromurati e fluorurati; si tratta però di “contaminanti emergenti”, su cui vi sono ancora dati limitati per quanto riguarda la contaminazione delle catene alimentari. E'tuttavia auspicabile che anche per questi ed altri “nuovi” inquinanti vengano tempestivamente definiti su valide basi scientifiche limiti massimi tollerabili in alimenti e mangimi.

Sostanze naturali.
Nei nostri alimenti è presente un numero enorme di sostanze chimiche di cui non si conosce il significato biologico e soprattutto il ruolo che possono avere da un punto di vista nutrizionale.
Per alcune di esse, come ad esempio i veleni dei funghi, le tossine algali presenti nei molluschi ed anche in alcuni pesci, i cianuri di alcuni semi, il gossipolo del cotone, i fattori antitripsici della soia, ecc., sappiamo che possono essere causa di gravi intossicazioni nell'uomo e quindi gli alimenti che li contengono vengono esclusi oppure vengono sottoposti a processi di denaturazione prima di essere consumati.
Altre sostanze chimiche naturali come alcuni aromi, i principi attivi delle spezie, la caffeina, la teina, la teobromina, ecc., sono invece apprezzate e largamente utilizzate per la preparazione dei cibi.
Dai vegetali vengono anche estratti dei principi attivi di cui sono conosciute le proprietà farmacologiche e quindi una volta somministrate interferiscono con i processi fisiologici dell'organismo e che sono alla base della terapia nella medicina tradizionale.
Un caso discusso è quello dei cosiddetti “fitoestrogeni”, che possono essere considerati anch'essi degli “interferenti endocrini”. I fitoestrogeni comprendono sostanze diverse (isoflavoni come la genisteina presente nella soia, stilbeni come il resveratrolo presente soprattutto nell'uva, lignani, ecc.), accomunate dalla presenza in specifici alimenti vegetali e dalla capacità di modulare l'equilibrio endocrino, soprattutto interagendo con i recettori estrogeni. Mentre si ritiene che una buona assunzione alimentare di fitoestrogeni possa essere un fattore protettivo contro alcuni tumori (ad es., mammella, prostata) e patologie della menopausa (ad es., osteoporosi), sussistono perplessità riguardo all'esposizione a dosi elevate soprattutto durante la gravidanza o la prima infanzia, ad es. attraverso l'uso di integratori o latti artificiali a base di soia.
Esiste infine l'alcol etilico che si trova nelle bevande ottenute dalla fermentazione di alcuni vegetali (cereali e frutta in particolare) che entra comunemente nella dieta quotidiana anche se i suoi effetti sulla salute non sono rassicuranti.
Tra le sostanze naturali dobbiamo anche includere tutte quelle che si formano a seguito dei processi di cottura e che sono frutto delle reazioni chimiche che avvengono per azione del calore sui costituenti degli alimenti.
La combustione cui sono sottoposti carne, pesce, verdure ecc. quando vengono cotto alla “brace” da origine a diversi idrocarburi policiclici aromatici di cui sono note le proprietà cancerogene. Altrettanto si può affermare dei prodotti che derivano dalla cottura prolungata delle carni, in particolare i brasati, che vengono denominati derivati della reazione di Mallard.
In realtà queste sostanze sono quelle che caratterizzano da un punto di vista organolettico i cibi ed esistono delle salse commerciali che non sono altro che i “sughi” ottenuti da cotture prolungate anche di prodotti di scarso valore nutrizionale. A questa categoria appartengono anche i dadi per brodo.
Va infine ricordato che anche per le sostanze essenziali (vitamine, oligoelementi, etc.) non bisogna superare i limiti massimi raccomandati di assunzione giornaliera; in effetti, per talune di queste (iodio, selenio, vitamina A) sono documentati rischi per la salute umana sia in caso di carenza sia in caso di eccesso.

Conclusioni
Assicurare gli standard più elevati possibili di sicurezza alimentare costituisce una priorità strategica in ambito europeo. Il Libro bianco sulla sicurezza alimentare pubblicato nel 2000 dalla Commissione Europea (scaricabile da http://www.iss.it/binary/saan/cont/white.1126612544.pdf) ha rappresentato l'indirizzo strategico di partenza, che ha poi portato alla creazione nel 2003 della European Food Safety Authority (EFSA, http://www.efsa.europa.eu/ ) ora con sede a Parma.
L'EFSA ha precisamente il compito di produrre valutazioni scientificamente aggiornate su tutti i possibili tipi di fattori di rischio nella catena alimentare dagli agenti infettivi ai differenti agenti chimici che abbiamo citato in questa nota (contaminanti ambientali, sostanze usate nei mangimi, sostanze “naturali”, etc.). L'obiettivo dell'attività dell'EFSA è quello di fornire una valida base di partenza scientifica per le attività di gestione dei rischi (fissazione dei limiti, programmi di controllo, etc.) che rimangono responsabilità della Commissione Europea e dei Paesi membri: con il sostegno delle valutazioni dell'EFSA tali attività dovrebbero quindi indirizzarsi sulle priorità reali.
In realtà, la valutazione del rischio nel campo della sicurezza alimentare non è sempre semplice, sia perché mangiare è indispensabile per la vita (e quindi spesso non basta vietare, occorre orientare la produzione verso scelte più sicure), sia perché i nostri alimenti sono entità complesse.
La quasi totalità dei costituenti degli alimenti sono sostanze nutrienti (proteine, lipidi, carboidrati, sali minerali, vitamine, ecc.) essenziali per i processi fisiologici del nostro organismo. Sono però presenti anche un numero molto elevato di altre sostanze chimiche delle quali alle volte se ne conosce soltanto la struttura e non si hanno informazione complete sulla loro attività biologica.
Tra queste ultime le uniche di cui si hanno dati certi sono quelle impiegate intenzionalmente sia nella produzione primaria degli alimenti, che nella conservazione e la trasformazione. Infatti l'impiego di queste sostanze è subordinato ad una valutazione da parte di organismi scientifici e di autorità regolatorie internazionali secondo dei rigidi protocolli di studio che consentono di definire con ogni ragionevole sicurezza i livelli tollerabili nella dieta umana.
Per quanto riguarda la maggioranza delle sostanze naturali e dei contaminanti ambientali le informazioni scientifiche sulle loro proprietà biologiche sono molto carenti e di fatto non è possibile definire delle soglie di sicurezza così come avviene con le sostanze di uso intenzionale.
Alcuni costituenti normali della dieta, quale ad esempio l'alcol etilico, i prodotti della cottura degli alimenti, ecc., ove venissero valutati con i criteri adottati per le sostanze di uso intenzionale (additivi alimentari, conservanti, adiuvanti tecnologici, ecc.) di fatto renderebbero impossibile l'utilizzazione di vino, birra, carne e pesce alla brace, brasati. Esiste quindi una situazione paradossale. Da una parte vengono ingigantiti problemi non sempre dimostrati e che sono in gran parte sotto controllo; dall'altra si sottovalutano sia la qualità dell'ambiente in cui crescono gli organismi produttori di alimenti, sia i problemi legati ad errori dietetici con un consumo eccessivo e/o sbilanciato di nutrienti, un insufficiente apporto di fattori protettivi (ad es., antiossidanti, oligoelementi come lo iodio, vitamine come l'acido folico) ed anche un abuso di alcuni alimenti (ad esempio le bevande alcoliche). Secondo le evidenze scientifiche, sono questi i veri fattori da affrontare per la prevenzione di molte malattie metaboliche umane.

Proprietà

L'anguria contiene una buona quantità di vitamina A, vitamina C e potassio e grazie all'elevato contenuto di acqua (oltre 95g per 100g di prodotto) possiede una notevole capacità dissetante. Per quanto riguarda il sapore dolce, questo non dipende tanto dal contenuto zuccherino che va dal 3.7% al 6.4%, piuttosto basso rispetto ad altri frutti (nella mela 11-15%, nella pera 9.5-15.5%), ma dalla presenza di sostanze aromatiche.
Questo frutto svolge, inoltre, una buona azione diuretica, è particolarmente adatto per le diete, sia per la capacità saziante, che per lo scarso apporto calorico (meno di 20 kcal per 100 g). Mangiare una fetta di cocomero equivale a bere un bicchiere d'acqua.
Tuttavia, è bene evitare il consumo dei semi, perché contengono sostanze (glucosidi) con una forte attività purgante. Inoltre, nei bambini sotto i tre anni le sostanze aromatiche presenti nel cocomero possono risultare poco digeribili.

 

Suggerimenti per l'acquisto e il consumo

Il cocomero è maturo quando la buccia è di un bel colore verde scuro, oppure verde con venature grigie, alla percussione con le nocche delle dita deve dare un suono "sordo". Si può provare anche a graffiare via un po' di buccia con un'unghia: se si stacca facilmente, il cocomero è maturo al punto giusto.
Le migliori condizioni di conservazione si raggiungono con una temperatura di 10-15 °C ed un'umidità relativa dell'80-90%.

A cura di
Agostino Macrì, Alberto Mantovani
Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale
Istituto Superiore di Sanità, Roma