LA PASTA

La pasta, alimento fondamentale della tradizione italiana, è soprattutto un alimento apportatore di amido, cioè di glucidi, ed in misura inferiore anche di proteine, peraltro di valore biologico non particolarmente elevato ; si può osservare infatti come la farina di grano e di semola si caratterizzino per il basso contenuto in aminoacidi essenziali, in modo particolare in lisina, si che il valore biologico della farina di frumento e quindi della pasta, risulta piuttosto basso. La pasta apporta poi in quantità modesta, alcuni minerali ed oligoelementi, come ferro e zinco.

La pasta e i suoi condimenti
La pasta non si mangia mai da sola ed è questo il suo vantaggio rispetto ad altri alimenti, come il pane. Il consumo della pasta, infatti di solito si associa ad una serie di ingredienti o condimenti che ne esaltano il gusto e ne migliorano il valore nutritivo, attraverso una sorta di meccanismo di sinergia di effetti del complesso aminoacidico, come quando associamo alla pasta le proteine del formaggio, oppure con le carni o i pesci. Si ottiene così un effetto sinergico che supera la semplice sommatoria dei nutrienti. Ciò è quanto si verifica in pratica, con la normale e comune assunzione quotidiana di pasta: anche se in una porzione relativamente contenuta ( 70 g ), condita soltanto con un po' di salsa di pomodoro, contenente circa un 10% di olio di oliva, ma con l'aggiunta di 10 g di formaggio Parmigiano-Reggiano grattugiato; viene cioè realizzato un consistente aumento del complesso proteico globale, che così sinergizzato raggiunge un coefficiente assai elevato di utilizzazione proteica netta. Particolarmente importante, dal punto di vista nutrizionale, è poi il riscontro che in tali condizioni vengono correttamente rispettate quelle proporzioni di apporto percentuale di calorie dai tre nutrienti energetici (proteine, grassi, carboidrati) nella proporzione cioè di circa 1, 2, 4, che vengono ritenute ottimali.

Paste “lavorate”
Se quanto è stato fin qui detto vale per la pasta tradizionale, e cioè per intenderci per spaghetti o maccheroni, a maggior ragione vale per le paste arricchite o farcite, alle quali è recentemente approdata anche l'industria, predisponendo, sulla scia di tradizioni gastronomiche e culinarie collaudate e perpetuatesi nei secoli, prodotti pronti all'uso (ravioli, tortelli, agnolotti, etc.), caratterizzati da un notevole valore nutritivo, oltre che gastronomico.

Effetti metabolici conseguenti ad un pasto glucidico
In epoca relativamente recente, nel contesto del problema della ottimizzazione della nostra alimentazione, grande importanza è stata data alla fibra, partendo dal presupposto che le brusche fluttuazioni glicemiche e cioè i picchi di iperglicemia, conseguenti all'assunzione di un pasto a base di carboidrati contenente scarsa o niente fibra, potessero essere non opportuni, forse dannosi, per il nostro organismo.
Di gran lunga preferibile risulterebbe invece una modulazione dell'assorbimento intestinale dei carboidrati, cioè ben distribuito e diluito nel tempo, senza fluttuazioni rapide e importanti della glicemia, come si osserva quando nel pasto è presente una opportuna quantità di fibra. In presenza di abbondante fibra nel contenuto gastro-intestinale si verifica una diluizione ed un rallentamento nell'assorbimento dei nutrienti, e del glucosio in particolare, con oscillazioni glicemiche molto più contenute, mentre, con un pasto povero di fibre, le oscillazioni glicemiche e, conseguentemente insulinemiche, sono più accentuate con brusca e rapida caduta della glicemia, che a sua volta provoca sensazione di fame e induce ad iperalimentarsi.

Effetti metabolici della pasta confrontata con altri comuni alimenti glucidici
Grande importanza è stata perciò attribuita alla presenza o meno della fibra in un pasto, proprio perché in grado di rallentare o modulare l'assorbimento intestinale dei nutrienti ed in particolare dei carboidrati . Sulla base di questo criterio è stata costruito un «indice glicemico» , ottenuto calcolando le aree occupate dalle variazioni glicemiche dopo assunzioni di vari cibi glucidici; nella scala che ne deriva, il pane integrale ha un indice glicemico abbastanza elevato pari a 70-75%, mentre gli spaghetti si collocano su valori di 50-59 e, addirittura, gli spaghetti «integrali» hanno un indice glicemico ancor più basso.

Le modificazioni a cui vanno incontro le molecole d'amido in conseguenza dell'elevata temperatura, dell'essiccamento, dei vari procedimenti tecnologici previsti cioè a livello industriale, per produrre la pasta, possono produrre risultati molto diversi sul piano clinico-metabolico come risposta glicemica e insulinemica. I tempi di svuotamento gastrico possono a loro volta interferire, come si è visto, e, ancora, un pasto misto costituito dall'associazione con grassi e con proteine ed in quantità diverse, può condizionare la velocità di assorbimento dei carboidrati e modificare le curve glicemiche ed insulinemiche. Comunque, a parità di quasi tutte queste condizioni, la pasta, con le sue più contenute fluttuazioni glicemiche risulta sicuramente preferibile rispetto al pane, al riso, alle patate, ad altri alimenti amilacei ed alla frutta , e quindi può essere indicata come valido ed indispensabile apportatore di carboidrati nella prescrizione dietetica di un soggetto diabetico, sia insulino-dipendente che non insulinodipendente, nonché nelle condizioni di insulino-resistenza, tipica degli obesi. Alla minore produzione di picchi iperglicemici poi un prolungato senso di sazietà postprandiale. Pertanto la pasta è dotata di caratteristiche bromatologiche e peculiarità metaboliche tali da consentirle di occupare un posto di primo piano nella nostra alimentazione quotidiana, sia in condizioni fisiologiche che in determinate situazioni cliniche, come nel diabete sia di Tipo I che II.