IL COUNSELLING RELATIVO ALLA DIETA ED ALLO STILE DI VITA NELLE PATOLOGIE METABOLICHE DELL'OSSO


La maturazione scheletrica si realizza attraverso l'infanzia, l'adolescenza e i primi anni dell'età adulta fino al raggiungimento della "massa ossea di picco", cioè dei massimi livelli di mineralizzazione, che in media si osservano verso i 30 anni di età. Segue un periodo di alcuni anni di plateau prima dell'inizio del declino lento e progressivo della massa ossea. Quest'ultimo conosce una fase più rapida nelle donne con la menopausa e prosegue in entrambi i sessi parallelamente all'invecchiamento. Il metabolismo dello scheletro che sottende le variazioni età-correlate della massa ossea viene influenzato in tutte le fasi della vita da alcuni fattori modificabili, tra cui assumono particolare rilievo la dieta, l'esercizio fisico e il fumo di tabacco. Modificazioni dietetico-comportamentali possono ottimizzare il picco di massa ossea raggiunto nell'età adulta e contrastarne il successivo declino, con l'obiettivo di prevenire le fratture da osteoporosi. In quest'ottica l'osteoporosi è oggi frequentemente definita come una "malattia pediatrica". La definizione è ovviamente provocatoria, ma vuole sottolineare come lungo tutto l'arco della vita e in modo cruciale sin dall'infanzia si debbano porre le basi per contrastare la fragilità ossea portatrice di fratture scheletriche. L'attenzione alla dieta e allo stile di vita si configurano quindi come strategie essenziali di prevenzione primaria delle fratture.



La terapia farmacologica, sicuramente efficace, ha effetti limitati alla sola salvaguardia della massa ossea ed è caratterizzata da un costo elevato: se i farmaci specifici dovessero essere utilizzati per tutta la popolazione ad aumentato rischio di fratture osteoporotiche si raggiungerebbero costi che supererebbero certamente i risparmi ottenibili dalla riduzione delle fratture evitabili. Le linee guida raccomandano pertanto di riservare il trattamento con farmaci ai pazienti a più alto rischio attuale di frattura, mentre le norme dietetiche e comportamentali possono essere suggerite a tutta la popolazione, e con benefici non ristretti solo alla prevenzione dell'osteoporosi (si pensi ai molteplici effetti benefici sulla salute della riduzione del fumo e di una attività fisica regolare).

ESERCIZIO FISICO Il concetto secondo cui l'osso modifica la propria struttura in risposta a forze meccaniche è noto sin dalla fine dello scorso secolo ed è stato confermato da studi su modelli animali e sperimentali in vitro oltre che da molte osservazioni sull'uomo. Il tipo di esercizio fisico consigliato, i suoi effetti e gli obiettivi perseguibili con il ricorso alla sua prescrizione variano in rapporto all'età:
•  Nell'adolescenza esercizi di carico, sollecitazioni di impatto e soprattutto esercizi di rinforzo muscolare contro resistenza ottengono il massimo effetto in termini di modificazione della massa ossea di picco. L'effetto dell'esercizio è tanto più marcato quanto più le sollecitazioni meccaniche sullo scheletro eccedono quelle abituali ed è l'intensità più che la durata dell'esercizio il determinante della sua efficacia. Il risultato dell'attività fisica è particolarmente pronunciato quando viene praticata prima della fine del completamento del processo puberale e prima del termine dell'accrescimento longitudinale scheletrico per la possibilità di modulare la geometria esterna e l'architettura delle ossa. E' stato stimato che le variazioni di attività fisica siano determinanti indipendenti di una quota pari al 7-8% delle variazioni di massa ossea di picco. La proiezione degli effetti a lungo termine di un incremento della massa ossea di picco dell'8%, porta a stime di riduzione del rischio di frattura da osteoporosi di 1,5 volte nell'arco della vita intera e di riduzione del 50% per il rischio di fratture di femore in età senile.
•  L'avanzare progressivo dell'età impone di modificare armonicamente le indicazioni per la rilevanza crescente di patologie degenerative: vengono eliminate le componenti di impatto e il carico sullo scheletro assiale viene ridotto, mentre è mantenuta l'indicazione ad esercizi di rinforzo muscolare. Molti trials hanno studiato gli effetti sulla densità ossea di 2-3 sedute settimanali di esercizio fisico della durata di circa un'ora ciascuna. L'incremento medio della densità ossea valutato da diversi autori risulta circa del 3% in sei mesi di trattamento (a fronte di decrementi di 1-2 punti percentuali nei soggetti di controllo). Nei pochi studi randomizzati la differenza indotta dall'esercizio rispetto ai soggetti di controllo è però nettamente minore, dell'ordine di un punto percentuale per anno di trattamento, sottolineando l'importanza di variabili confondenti che possono modificare l'esito della ricerca negli studi non randomizzati. I programmi di esercizio fisico con coinvolgimento sistemico (es. corsa, danza) determinano inoltre incrementi del calcio corporeo totale valutato con tecnica di attivazione neutronica. Dopo una fase iniziale di incremento, la densità ossea raggiunge un valore di "plateau" mantenuto sino al momento della cessazione del programma di esercizio fisico. Come per la terapia ormonale sostitutiva l'effetto dell'esercizio sulla densità ossea dura solo per il tempo in cui viene attuato, con ripresa della tendenza naturale alla perdita di massa ossea alla sua cessazione.
•  Nell'anziano gli esercizi di carico sullo scheletro assiale saranno ulteriormente ridotti sino all'abolizione, rimanendo l'esercizio di rinforzo muscolare quello più indicato per il mantenimento della massa ossea. L'obiettivo principale dell'attività fisica in età geriatrica non è però la salvaguardia della densità minerale ossea, ma la prevenzione delle cadute e il mantenimento di adeguate reazioni di difesa in caso di caduta. Si devono allora progressivamente privilegiare esercizi di coordinazione, equilibrio e volti a migliorare la sicurezza in stazione eretta e nel cammino. Svariati trials randomizzati condotti su pazienti anziani hanno dimostrato la riduzione del rischio di caduta (in media del 30-40%) a seguito dello svolgimento di programmi di esercizio fisico.

Molti dubbi esistono sull'utilità che il cammino, per quanto condotto a passo rapido e secondo indicazioni di tempo precise, possa esercitare effetti positivi sulla massa ossea a qualunque età. L'attività fisica può tuttavia indurre anche effetti indesiderati a livello dell'apparato muscolo-scheletrico. Nelle giovani donne l'intensa attività sportiva determina amenorrea funzionale in una rilevante percentuale di casi stimata sino al 20% del totale delle atlete. Sulla massa ossea di queste donne pesa maggiormente l'effetto negativo costituito dalla caduta dei tassi di ormoni gonadici circolanti rispetto all'effetto positivo conseguente alle sollecitazioni meccaniche scheletriche. Atlete amenorroiche hanno infatti densità ossee inferiori a controlli sani sedentari.

 


L'intensa attività fisica comporta poi il rischio di fratture "da stress" nel soggetto sano, come ripetutamente osservato negli atleti e nelle reclute. In pazienti con massa ossea già ridotta dall'osteoporosi il rischio di frattura indotto dalle sollecitazioni meccaniche dello scheletro è aumentato. In particolare è stato ben documentato il rischio di fratture somatiche vertebrali indotte da esercizi di flessione del rachide in donne con massa ossea ridotta in età post-menopausale: il numero di fratture aumenta nelle donne che eseguono esercizi di flessione del rachide rispetto a controlli sedentari. Questa osservazione assume particolare rilievo per l'usuale inserimento di esercizi di flessione del rachide nel trattamento fisico della lombalgia e giustifica la creazione di protocolli di trattamento specifici per pazienti lombalgiche con osteopenia.

Attenzione va posta a tutte le età al calo ponderale che l'attività fisica può indurre tramite il maggiore dispendio energetico. L'effetto è auspicabile nell'obeso, ma va evitato nel soggetto normopeso integrando adeguatamente la dieta in relazione alle aumentate richieste metaboliche. La magrezza infatti è un potente fattore di rischio per l'osteoporosi, sia per l'effetto sfavorevole sulla densità minerale ossea, sia per l'effetto indipendente dalla densità ossea sul rischio di fratture. Il tessuto adiposo svolge attività endocrina con la sintesi di estrogeni a partire dai precursori steroidei circolanti tramite il complesso aromatasico. Nelle donne magre, particolarmente in postmenopausa, si può pertanto determinare una relativa carenza estrogenica. Il calo di peso di per sè può inoltre condizionare sfavorevolmente l'attività ovarica in età fertile inducendo anovularietà o amenorrea, condizioni di rischio per l'osteoporosi. La penuria di nutrienti può coinvolgere sostanze specificamente attive sul metabolismo osseo, segnatamente le proteine il cui apporto è essenziale per la salute del tessuto osseo. Da ultimo la scarsa massa adiposa riduce la protezione meccanica a livello della regione trocanterica in caso di caduta, favorendo le fratture dell'anca.
DIETA Calcio. La quantità consigliata di calcio da introdurre con la dieta non è stata stabilita in modo univoco: tra le raccomandazioni di diversi organismi internazionali si osservano infatti delle discrepanze. Tuttavia si tratta di differenze modeste e l'univocità esiste sulle indicazioni di massima. A titolo di esempio si riportano di seguito le indicazioni del National Institute of Health (Consensus Conference: Optimal Calcium Intake. JAMA 1994;272:1942-1948):

Età

Apporto giornaliero raccomandato di calcio (mg)

fino a un anno

400 - 600

1 - 5 anni

800

6 - 10 anni

800 - 1200

11 - 24 anni

1200 - 1500

25 - 50 anni

1000

gravidanza o allattamento

1200 - 1500

donne in postmenopausa in terapia estrogenica

1000

donne in postmenopausa senza terapia estrogenica

1500

uomini con età < 65 anni

1000

uomini con età > 65 anni

1500


L'apporto medio di calcio nella popolazione italiana è molto al di sotto degli standard consigliati. È stato calcolato che tra gli adolescenti in Italia, su dieci ragazze, l'apporto di calcio è adeguato solo in tre, mentre in altre tre è gravemente insufficiente (inferiore a 800 mg al giorno); migliore è la situazione nei maschi in cui il fabbisogno di calcio è soddisfatto in due casi su tre. Il problema deriva da un lato dal basso consumo di alimenti ricchi in calcio biodisponibile, dall'altro dalla diffusione di abitudini di vita scorrette e, non da ultimo, il frequente ricorso da parte della ragazze soprattutto, su imitazione delle madri ossessionate dal peso, a pasti sostitutivi "antifame", prodotti cioè ricchi in fibre che sequestrano il calcio e ne riducono notevolmente l'assorbimento. Lo studio più rappresentativo è quello condotto a Brisighella tra il 1972 e il 1988 su circa 3000 abitanti valutati con questionario dietetico e visita medica ogni quattro anni: in tutte le fasce di età i livelli di assunzione calcica erano scarsi. Per esempio il 30% degli anziani aveva un apporto inferiore a 550 mg die e il 78% un introito inferiore al grammo a fronte di una quantità consigliata di 1500 mg. Del resto è sufficiente condurre sistematicamente l'anamnesi alimentare sui propri pazienti per confermare il dato epidemiologico della elevata prevalenza di una insufficiente introduzione calcica con la dieta. A questo proposito un metodo semplificato di stima del calcio della dieta viene suggerito dalla National Osteoporosis Foundation (USA) nelle linee guida per l'osteoporosi del 1998 e può trovare valida applicazione in Medicina Generale: si consiglia di stabilire mediante poche domande mirate l'introduzione quotidiana di prodotti caseari. Da questa stimare il quantitativo di calcio introdotto con il latte e i suoi derivati e poi aggiungervi una quota fissa di 250mg per il calcio apportato da altri alimenti. Per stimare l'introduzione di calcio legata al latte e ai derivati è sufficiente sapere che il contenuto di calcio del latte (intero o scremato) e dello yogurt è pari a circa 120mg / 100ml, mentre nei formaggi varia da un massimo di 1000 - 1300 mg / 100g per i formaggi stagionati ad un minimo di 250 - 400 mg / 100g per i formaggi freschi.

Calcolo del calcio assunto con la dieta
(tratto dalle linee guida per l'osteoporosi della National Osteoporosis Foundation 1998)

1) introduzione di calcio legata a latte e derivati:

•  latte (intero o scremato) e dello yogurt: 120mg / 100ml

•  formaggi stagionati: 1000-1300mg / 100g

•  formaggi freschi: 250-400mg / 100gr

2) aggiungere quota fissa di 250mg per il calcio apportato da altri alimenti

L'importanza del rispetto delle norme relative all'introduzione alimentare di calcio è stata stabilita con evidenza massima per l'età di maturazione dello scheletro. E' stato calcolato che il 5 -10% della massa ossea di picco sia condizionato dall'introduzione dietetica di calcio nell'infanzia e nell'adolescenza. Come per l'esercizio fisico la proiezione di questo dato porta a stime di riduzione del rischio di frattura da osteoporosi di 1,5 volte nell'arco della vita intera e di riduzione del 50% per il rischio di fratture di femore in età senile per i soggetti con adeguata introduzione alimentare di calcio in età infanto-giovanile.

È stato calcolato che tra gli adolescenti in Italia, su dieci ragazze, l'apporto di calcio è adeguato solo in tre, mentre in altre tre è gravemente insufficiente (inferiore a 800 mg al giorno); migliore è la situazione nei maschi in cui il fabbisogno di calcio è soddisfatto in due casi su tre. Il problema deriva da un lato dal basso consumo di alimenti ricchi in calcio biodisponibile, dall'altro dalla diffusione di abitudini di vita scorrette quali: sedentarietà, vita al chiuso, eccesso di sale nella dieta e, non da ultimo, il frequente ricorso da parte della ragazze sopratutto, su imitazione delle madri ossessionate dal peso, a pasti sostitutivi "antifame", prodotti cioè ricchi in fibre che sequestrano il calcio e ne riducono notevolmente l'assorbimento.

Per incrementare l'introduzione di calcio con gli alimenti è utile fornire tre consigli principali:

•  favorire una buona introduzione alimentare di latte. In termini generali una quantità consigliata è mezzo litro al giorno fin dall'infanzia, quantità capace di apportare da sola 600mg di calcio al giorno. Il paziente riceve però spesso indicazioni contrastanti, specie in presenza di una dislipidemia: per la prevenzione cardiovascolare gli viene raccomandato un basso consumo di grassi animali (e quindi di latte e derivati) che contrasta con l'indicazione a consumare molto latte per la prevenzione dell'osteoporosi. In realtà l'alimento ideale esiste, ed è il latte scremato (<0.3% di grassi), che associa l'elevato contenuto di calcio allo scarso apporto di grassi animali. Tra i formaggi invece, se si escludono alcuni prodotti nati specificamente per le diete ipocaloriche, è impossibile scindere l'elevato apporto di calcio da quello dei grassi. Ne consegue che non è buona norma consigliare alla popolazione generale un incremento di consumo di formaggi, perché a fronte del miglioramento del tenore calcico della dieta si avrebbe anche l'aumento dell'introduzione di grassi animali e di calorie con effetti sfavorevoli in termini di dislipidemie e peso corporeo. Nei confronti dei formaggi l'atteggiamento del medico in corso di counselling per osteoporosi è quindi di regola neutrale: si registra la quantità di formaggi che fa parte delle abitudini alimentari del paziente, ma non si indica indiscriminatamente l'opportunità di aumentarne l'introduzione.

•  l'acqua minerale è una valida fonte alimentare di calcio, come dimostrato dagli studi di biodisponibilità, sia quando il calcio è presente come carbonato sia quando è presente come solfato. Il contenuto di calcio nelle acque del commercio è estremamente variabile, da meno di dieci mg/litro fino a quasi 400mg/litro. E' un buon consiglio quindi, in presenza di introduzione alimentare di calcio inadeguata, favorire il consumo di acqua ricca di calcio. Di regola le acque con il maggiore tenore calcico sono quelle dotate di effervescenza naturale.

•  la biodisponibilità del calcio alimentare dipende in modo marcato non solo dal contenuto calcico degli alimenti, ma anche e sembra perfino in modo preponderante, dalla assorbibilità del calcio. Questa dipende certamente da caratteristiche dell'individuo non correggibili, ma anche da due fattori modificabili: la quantità di calcio presente in un'unica soluzione nel tratto digerente (più calcio c'è e meno efficiente è l'assorbimento) e la compresenza di fattori che interferiscono negativamente con l'assorbimento (acido fitico e acido ossalico in particolare). I consigli pratici che derivano da queste osservazioni sono pertanto: frazionare l'introduzione degli alimenti ad alto contenuto di calcio nel corso della giornata ed evitare l'assunzione contemporaneamente al calcio di alimenti vegetali ad alto contenuto di acido fitico ed ossalico.

Vitamina D. Gli alimenti ricchi naturalmente di vitamina D sono pochi e con caratteristiche tali che il loro consumo non può essere incoraggiato diffusamente (es. oli di pesce, tuorli d'uovo). Ne consegue che per prevenzione e trattamento di carenze di vitamina D si dovrà ricorrere di regola ai farmaci contenenti la vitamina e non a indicazioni dietetiche. L'esposizione alla luce può comunque aiutare.

Altri fattori nutrizionali. Molti altri fattori nutrizionali sono stati implicati nella salute del tessuto osseo e una trattazione completa dell'argomento esula dagli scopi di questo corso. Una unica citazione riguarda le proteine, per l'importanza crescente che viene loro attribuita in particolare nel paziente anziano: la carenza di nutrizione proteica è molto diffusa negli anziani, anche nei soggetti obesi, per i noti squilibri indotti nelle abitudini alimentari da fattori personali e sociali. La carenza di proteine esercita un ruolo causale nella genesi delle fratture e costituisce inoltre un fattore prognostico sfavorevole in caso di frattura sia in termini di mortalità, sia di complicanze, sia di recupero funzionale.

Fumo. Il fumo di tabacco esercita effetti sfavorevoli sulla densità ossea e sul rischio di frattura attraverso svariati meccanismi: i fumatori sono più magri dei non fumatori (e la magrezza è un potente fattore di rischio per l'osteoporosi); la menopausa è anticipata nelle donne fumatrici; il catabolismo estrogenico è accelerato nelle fumatrici; l'assorbimento intestinale di calcio è ridotto. Al fumo si associa poi uno stile di vita caratterizzato da ridotta attività fisica. Sicuramente vi sono ragioni ben più forti per suggerire la cessazione del fumo, ma il counselling per l'osteoporosi è una buona occasione per rinforzarle.

BIBLIOGRAFIA:

•  "Cecil, Compendio di Medicina Interna", Verducci, edizione italiana della IV edizione americana, 1998.
•  "Harrison's Principles of Internal Medicine”, Mc Graw-Hill, XV edizione, 2001.
•  Felig P, Frohman LA: “Endocrinology and Metabolism”, Mc Graw-Hill, IV edizione, 2001.
•  Wilson JD, Foster DW, Kronenberg HM, Williams RH: “Williams Textbook of Endocrinology”, Saunders, IX edizione, 1998.
•  Greenspan FS, Gardner DG: "Basic and Clinical Endocrinology", Lange Medical Books-Mc Graw-Hill, VI edizione, 2000.
•  Bardin CW: "Current Therapy in Endocrinology and Metabolism", Mosby, VI edizione, 1997.
•  "The Merck Manual", Medicom Italia, edizione italiana della XVII edizione americana, 1999.
•  C. Rugarli: “Medicina interna sistematica”, Masson, IV edizione, 2000
•  WHO Study Group on Assessment of Fracture Risk and its Application to Screening for Postmenopausal Osteoporosis. Fernando Folini, 1995.
•  Physician's guide to prevention and treatment of osteoporosis developed by The National Osteoporosis Foundation, Washington, U.S.A. 1998.
•  American Association of Clinical Endocrinologists: "Medical guidelines for clinical practice for the prevention and management of postmenopausal osteoporosis". U.S.A. 2001
Kanis JA, Gluer C: "An update on the diagnosis and assessment of osteoporosis with densitometry". Osteoporosis Int 2000; 11:192-202.

a cura di
Andrea Pizzini Medico di Famiglia – TORINO
Marco Di Monaco ( Centro Studio Osteoporosi, Presidio Sanitario San Camillo, Regione Piemonte)